CRITICA


Arpinè Sevagian, iconologa e studiosa d’arte, Roma
2024, Arte e Mercato, ed. Mondadori

Attento osservatore della realtà e di ciò che nasconde dietro la sua forma apparente, Danilo Susi ha un approccio analitico verso una forma di arte visiva, in cui in ogni scatto imprime ed esprime la sua essenza. La macchina fotografica è un mezzo, l’obiettivo è uno strumento di idee, visioni, sensazioni, dettate dalla natura, dal momento, dalle esperienze visive reali a contatto con il tangibile. Ricerca espressiva e comunicativa, diventano indagine e analisi, alla scoperta della natura che viene letta in chiave personale come l’espressione del mondo sensibile, di cui l’uomo è solo una parte, una manifestazione parziale. Nelle opere di Danilo Susi c’è un tuffo nella spiritualità delle cose, pur se disanimate, che esprime un bisogno d’incontro con la Natura. L’opera dell’artista rientra in quel contesto d’arte contemporanea che vede gli autori impegnati a comunicare non attraverso la mimesis, bensì per mezzo di lenee e forme che, unite a vibrazioni cromatiche dinamiche, ci introducono in un multiverso fatto di coinvolgimento, attrazione e trasporto. Essenzialmente un linguaggio visuale senza tempo, ma che nel tempo trova la sua soluzione ed evoluzione.

Nello Catinello, esegeta d’arte, Pescara
2024, UN NUOVO IMPRESSIONISMO

Tra le tappe che nel corso dei secoli hanno rivoluzionato la pittura, quella con la quale Monet è riuscito a dare colore alla rarefazione dell’atmosfera di quanto ci appare nella realtà è una delle più straordinarie e fondamentale, dando corso all’invenzione dell’impressionismo, che nel suo ultimo periodo, per i noti problemi alla vista, lo ha portato definitivamente dalla realtà all’astrazione. Guardando i lavori di “acquastratta” di Danilo Susi non si può non pensare a Monet, all’impressionismo, cambiano soltanto gli strumenti che l’artista usa per realizzare le sue opere. Danilo Susi sostituisce la tavolozza con la macchina fotografica e invece della tela si appropria della superficie dell’acqua, che fissata dallo scatto diventa immagine. Noi sappiamo che fotografare significa disegnare con la luce e così con i cromatismi della luce la macchina fotografica dell’artista diventa la tavolozza per un nuovo impressionismo. Già, perché se nella pittura sono le gradazioni tonali a inventare una luminosità irreale e rarefatta, nelle fotografie di Danilo Susi sono i riverberi colorati della luce, colti con pazienza, ricercatezza e sapienza tecnica, a creare impressionistici giochi di astratte visioni. Macchie di colore di innumerevoli varietà tonali si accostano e si rincorrono, certo, si rincorrono, perché sulla superficie tremula dell’acqua i riflessi cromatici acquistano vita e si appropriano del movimento continuo dell’elemento liquido in un tutt’uno dinamico di superficie e colori. Naturalmente il supporto fluido scelto dall’artista, per fare specchiare i riflessi che cerca, è dolce e quieto per cui le macchie di colore sono morbide, con sinuose linee che le contornano lievemente senza avere soluzioni di continuità e le lasciano solo sfiorarsi, consentendo a ogni tocco cromatico di mantenere la propria integrità e impedendo quelle contaminazioni che rischierebbero di sfociare in una “action painting” lontana dalle intenzioni dell’artista. Una caratteristica saliente delle opere di Danilo Susi è la loro assoluta diversità, non una è uguale all’altra, mentre siamo abituati a lavori astratti di artisti che hanno un denominatore comune di ripetitività e quindi di riconoscibilità questo non avviene per i suoi lavori, che diventano riconoscibili per la sensazione quasi tattile del tranquillo, ondulato, movimento degli svariati cromatismi, che si riflettono nel nostro sguardo come un affascinante nuovo impressionismo.

Enrico Maddalena, biologo, autore e docente FIAF
2023, Galleria Studio1 Ripartiamodazero
METAMORFOSI

Se dovessimo abbinare Danilo Susi ad uno dei quattro elementi della tradizione ellenica (aria, fuoco, terra ed acqua), non potremmo avere dubbi: è l'acqua l'elemento che lo caratterizza. L'acqua con la sua mobilità, con i suoi riflessi che spezzano la realtà in frammenti colorati, in mille forme sempre cangianti. Tutto in essa si trasforma e prende vita. E Danilo è l'attento osservatore di queste magie che cattura con la sua fotocamera, fermando in forme e colori il mutevole cangiare del mondo che vi si rispecchia e trasforma. Ma a Danilo non basta stampare le sue immagini e farne mostre e pubblicazioni. Va oltre, trasformandole in tessuti da indossare. Così le fantasmagorie liquide galleggiano su onde di seta e di cotone, su camicie e foulard. Ma questo medico fotografo naviga oltre. Dai tessuti fa rotta verso i gioielli ideando un prezioso monile IL CUORE DEL LAGO, che sempre dall'acqua trae ispirazione e racchiude significati profondi che vanno dalla geografia della nostra regione, il lago di Scanno, alle sue antiche tradizioni, il richiamo alla Presentosa. E a questo punto ritrovo in Danilo un altro dei quattro elementi: il fuoco. Il fuoco di una passione che dura da tempo, il fuoco di una creatività esplosiva che parte da una fotocamera ma sa andare oltre.

Roberto Mutti, critico fotografico giornalista de Il Corriere della Sera
2023, Photofestival
VESTIRE DI FOTOGRAFIE

Una delle caratteristiche della fotografia che più colpiscono è quella della sua poliedricità: te la puoi trovare in tasca in quel piccolo rettangolo che ti caratterizza nei documenti di identità, la puoi osservare nella rivista che sfogli o nel manifesto pubblicitario che osservi distrattamente, ti può comparire all’improvviso nello schermo dello smartphone, la puoi cercare quando visiti una mostra. Quello che non ti aspetti, però, è di indossarla. A rendere possibile anche tutto ciò ci ha pensato Danilo Susi: ha osservato a lungo le fotografie naturalistiche, che conserva nel suo archivio, e ha pensato alle emozioni provate quando le ha scattate in giro per il mondo, che lo hanno portato ad inventare ACQUASTRATTA *. Poi, con una improvvisa intuizione, le ha immaginate come se fossero attraversate da una vitalità che illuminava ogni colore, acquisiva la fluidità dell’acqua, e moltiplicava nei molti cromatismi la bellezza dei paesaggi che negli anni aveva catturato e ora non voleva finissero per riposare in un cassetto o in un museo** come un semplice ricordo del passato. Ha così trovato il modo per rendere concreta e tattile questa sua visione: le ha stampate su preziosi tessuti per realizzare dei foulard che, proprio per la loro morbidezza, consentono di creare figure ogni volta diverse a seconda di come vengono utilizzati, posati, indossati. Queste molte considerazioni sono alla base della mostra esposta da Chicchimavie a Milano zona Garibaldi per il Photofestival durante la settimana della moda di settembre, con una particolare modalità, quella dell’installazione. La si è scelta – ambientandola in uno spazio che sa valorizzare tutta questa ricerca – perché sfrutta al meglio le caratteristiche di queste originali opere: le si trova indossate da manichini vestiti con elegantissimi ed estrosi abiti con cui creano un gioco di rimandi, le si scopre ricadere da una parete in una cascata di forme, colori, suggestioni, le si scorge da dietro la vetrina occhieggiare ai passanti creando così un rapporto che oltrepassa i confini della mostra stessa proiettandosi verso l’esterno.

*SEDI ESPOSITIVE
2008, Roma , Galleria Luxardo; 2011, Milano, Spazio Oberdan e Spazio PWC-Sole24Ore; 2012, Milano, Palazzo Isimbardi e Galleria Zamenhof; 2014, Roma, Triennale d’Arti Visive; 2015, Roma, Circolo Ufficiali Marina Militare; 2017, Genova, Mu.MA Galata e Galleria Satura; 2020, Trieste, Tivarnella ArtGallery; 2022, Genova, Terrazze del Ducale; Venezia, Galleria 1758; Milano, Spazio Alda Merini; 2022, Novara, Castello Sforzesco Visconteo.

**SEDI MUSEALI
Museo Internazionale del Vetro di Montegrotto-Abano Terme (PD); Museo-Studio Alice Psacaropulo di Trieste; Museo Diocesano di Gubbio; Museo Genti d’Abruzzo di Pescara; Fondazione Malerba per la Fotografia FMF e Alidem di Milano; Fondazione Biagi di Bazzano (BO)

Redazione CONGIUNTI, catalogo mostre Start e Atlante Arte Contemporanea
2023, Giunti Editore

Il lavoro di Danilo Susi è volto ad esaltare la bellezza della natura attraverso il medium fotografico dove colori e lice assurgono a pennelli e tavolozza. Tratti n.11 rientra nella serie Acquastratta, in cui l’acqua e i suoi riflessi sono i soggetti di scatti evocativi e poetici. La fotografia presenta analogie con le opere di Gerhard Richter, il cui tratto fondamentale è una sovrapposizione di piani che induce ad una lettura stratificata del mondo. Il Maestro di Dresda partiva proprio da fotografie, ritagliate e recuperate, sciolte con una soluzione chimico-magnetica e spalmate su supporti che egli stesso dipingeva con materiale pittorico. Ebbene in entrambi l’opera finale, fotografia in senso stretto per Susi e “foto-pittura” per Richter, non ha finalità documentaristica ma dà la possibilità di vedere oltre in una raffigurazione prettamente astratta, che non imprigiona bensì rimane di aperta interpretazione. Il Nostro, in particolare, esprime la propria creatività facendosi interprete di una ricerca in cui la linea e la luce costituiscono i principali capisaldi mostrando un interesse sempre vivo per i riflessi luminosi cangianti. La produzione di Susi riporta alla mente anche lo stile dei macchiaioli. Tratti n.11 segue una tecnica che, trasportata in ambito pittorico, predilige macchie di colori puri scuri e chiari dove i tratti sono veloci, accostati, corti. Si noti l’opera La libecciata di Giovanni Fattori in cui le tonalità del mare sembrano richiamare l’acqua riflessa di Susi, fondata su un gioco di luci, ombre e colori di grande suggestione. Altro aspetto che le accomuna è il taglio orizzontale della composizione, nella presenza dei medesimi toni ocra e terrosi, nel segno sintetico e nei profili tremolanti che suggeriscono un senso di movimento capace di rendere lo spettatore partecipe degli eventi naturali che si stanno consumando. Davanti al corpus di Susi si leggono tracce di memoria, segni del tempo, ogni riflesso cristallino rimanda a evocazioni e suggestione di ricordi. In tal senso le foto valgono come racconto di una storia la cui narrazione non è in successione temporale continua, ma si svolge attraverso frammenti di realtà e blocchi di immagini.

Giorgio Falossi, critico della Casa Editrice Il Quadrato, Milano
2022, NATURART

C’è sempre uno stralcio di luce che galleggia in terra o in acqua, c‘è sempre il colore speciale di un sole che lascia la terra. Danilo Susi coglie ed “intenerisce” questi momenti, non con la pittura, come si potrebbe credere, ma con un’arte più difficile, quello della fotografia. E c’è subito la sapiente accoglienza della luce, il colpo decisionale delle ombre, la scelta oculata del luogo e del tempo. Ma innanzi tutto c’è la sensibilità di Danilo Susi che precisamente, nel gioco di misteriose ed alterne luci, ha reso, con inarrivabile magistero, il proprio mondo elettivo a favore di un bagliore cosmico che vive negli spazi universali. Sono momenti di lampi riflessivi per l’uomo, che sente l’avvicinarsi del buio e sente che la luce lo sta per abbandonare. Quella luce che sfugge, cala, insieme alla speranza e alla vita. C’è il momento in cui il sole si tuffa dentro il mare. Un mare brillante, estatico, in silenziosa attesa. Tutto nella misura dell’immenso che sfugge alla ragione. Per questo cogliamo con favore il particolare che l’artista ci offre. Particolare che ognuno sa trovare su queste visioni: un segnale, una percezione, una incidenza che diviene esaltazione, un bagliore vivo tra vaghe penombre. Le angosce, gli slanci, i dubbi. Nella sua misura accorta e moderata la luce diviene dialogo tra materia e spiritualità, tra un atto di fede nei valori dell’umanità e il dubbio della irrealtà. E lo spegnersi inesorabile della vita nel tempo. Non è sufficiente avere la macchina fotografica. Danilo Susi si immerge in quel mondo che apparirà. Si prepara concettualmente a quell’istante di completezze umane e spirituali, mistiche e materiali, ideologiche e fantasiose. Cerca conferma e risposta nella sua cultura per quei frammenti magici e misteriosi che il suo clik ha svelato. E’ l’immagine su una realtà che non è uguale per tutti. Una realtà di un istante, lampeggiante, in attesa. L’attesa per la perfezione. L’attesa in cui le credenze incerte dell’umanità divengono divina ispirazione artistica.

Roberto Mutti, critico fotografico giornalista de Il Corriere della Sera
2022, PHOTOFESTIVAL

La sagoma in controluce di una valigia che si staglia al centro di uno spazio vuoto attraversato da una lama di luce che sembra voler indicare una strada. Il risultato fa da quinta introduttiva a un viaggio che si snoda fra sottolineature di particolari, visioni di ampio respiro, momenti di riflessione e attimi fuggenti da cogliere al volo. Come già in altri lavori creativi precedenti come Acquastratta, Danilo Susi lavora sull’astrazione colta nella realtà che lo circonda caricandola di valori simbolici: sono aspetti che si trovano nella delicatezza di una linea sinuosa disegnata sulla sabbia come nel segno della lieve fessurazione che attraversa un muro. Poi, inaspettate, appaiono delle figure umane: una, seduta, è inscritta in uno spazio geometrico scandito da linee verticali e orizzontali dove il bianco è accecante mentre una seconda è come se fosse inseguita dalle strisce bianche e nere dello sfondo che sembrano linee di forza delle quali, intenta come è a fotografare, non si accorge. Ora il viaggio prende quota come anche l’atmosfera un po’ misteriosa che lo circonda: le tre persone riprese di spalle osservano una grande carta geografica illuminata per farsi guidare nel loro viaggio o per sostituire alla realtà la sua immaginazione? L’interno scandito dalla composizione simmetrica della carrozza di una modernissima metropolitana è solo un mezzo di trasporto o allude a un avanzare sempre più rapido e asettico verso la fine? I sentimenti, invece, quelli sì ci accompagnano con vigore e li si ritrova nel calore di mani che si stringono con forza, nella serenità di corpi che si avvicinano, nella determinazione di andare oltre la disperazione dei due senzatetto capaci di addossare qualcosa che somiglia a una casa fatta di abiti e giacigli a un grande portone che probabilmente non si aprirà mai più, come in una metafora. La realtà è fatta di contraddizioni e ogni immagine può rispecchiarle senza tuttavia risolvere l’enigma di scritte lasciate su un muro che sono comunque illeggibili perché alludono ad altre vite a noi sconosciute, quello di due scarpe spaiate abbandonate su un marciapiedi accanto al disegno di un cuore chissà se palpitante o ferito, quello di un luogo asettico abitato da manichini che somigliano ad alieni anche se forse è il contrario. Tutto comunque conduce a quel tunnel alla fine del quale, lontana, brilla una luce lattiginosa.

Giorgio Falossi, critico della Casa Editrice Il Quadrato, Milano
2021, COVID'ARTE

La fotografia non poteva dimenticare Dante Alighieri, ed allargare, o se volete invadere, un campo che sino a ieri era esclusivo dell'incisione o della pittura. Tre scatti di Susi Danilo che ci propongono tre luoghi, noti alle nostre conoscenze, che si ritrovano all'inizio delle tre cantiche della Divina Commedia: Inferno, Purgatorio, Paradiso. Non una scelta difficile, ma una scelta che ha avuto bisogno di tempo per maturare un sentimento trasferibile con la fotografia all'immaginazione del sommo poeta. Virgilio è, in questo caso, l'arte della fotografia che prende per mano Danilo Susi, affinchè abbia modo di vedere, considerare, interpretare, una scelta contemporanea, diversa, sentita. Ed insieme alla fotografia si affaccia ai gironi danteschi. E' per il primo, l'Inferno. Il più noto ed impegnativo, che potrebbe essere un cielo corrugato e tinto del rosso nel tramonto, o un deserto che si specchia nel cielo, o la lunga fatica del camminare in un territorio che appare infinito ove l'uomo vi si perde e scopre la sua piccolezza. Vi sono assemblarsi di paure nell'immagine, nell'accavallarsi delle emozioni, timori che si scontrano con le tracce invadenti del nero, dove non vi sono figure ma vi si possono indovinare le forme astratte e teologiche del castigo. E poi il Paradiso, che non poteva che essere il cielo. Un cielo ravvivato dalle forme delle ali di angeli ed arcangeli. Un cielo screziato di bianco, con la disposizione delle nubi che sembra vogliano indicarci di vedere qualcosa di più, oltre, ed ancora oltre, per ricongiungere il nostro spirito con il sacro, il sublime, con "la gloria di colui che tutto muove." Se il Purgatorio poteva essere molto difficile a rappresentare con un semplice scatto, alla capacità tecnica si unisce l'intuizione. L'immagine viene strutturata su di un mare che lambisce la sabbia dove si formano segmenti e rifrazioni, scomposizioni di materia e di luci, energie che definiscono il piano visivo che si interrompe su di una massa di oggetto di colore rosso intenso. Un ostacolo, che annega la linearità parallela della visione, imprimendo al contorno uno squilibrio di continuità. E' la spiaggia del Purgatorio. E' la montagna iniziale custodita da Catone. Il colore sfuma rossastro sino ad incrociare una luce, un raggio, proveniente da un orizzonte invisibile, una bianca luce che scolorisce, attenua le forme per renderle più cristalline. Danilo Susi ha colto così i momenti magici che vanno a confermare la continuità della bellezza dei vari aspetti dell'arte.

S. Benedetti, critico di TIVARNELLA ART, Trieste
2021, catalogo della Galleria

Schegge di luce

Le opere fotografiche di Danilo Susi mirano a catturare l’essenza dei suoi soggetti in un particolare istante, riuscendo a cogliere quei momenti in cui la realtà osservata attinge al circostante, modificandola, e creando di fatto un soggetto differente da ciò che sarebbe per sua natura. Ad esempio, nelle sue impressioni dell’acqua, luci, ombre e colori mutano il soggetto stesso, nonché la rappresentazione del reale, e in questo modo l’immagine artistica espande verso connotati che potrebbero essere definiti astratti. Le opere sono espressione di una ricerca che mira a carpire la contingenza dei suoi soggetti, ovvero quegli elementi che rendono l’oggetto delle sue rappresentazioni, particolare e autodefinito in un determinato momento. Prendendo sempre come esempio l’impressione dell’acqua, questa muta, e varia, così nelle opere di Susi è possibile cogliere la sua essenza in un frammento di tempo, irripetibile e unico. Se si considera il concetto di tempo assoluto, si può presumere che ogni oggetto abbia una sua connotazione di esistenza, ma la realtà circostante è segnata da un intersecarsi di ciò con il tempo relativo, il tempo soggettivo. Le fotografie dell’autore catturano soggetti attraverso un’impressione oggettiva, ma la scelta di uno specifico momento diviene la chiave di volta per fonderne l’assoluto, con il tempo relativo, aprendo la sua rappresentazione realistica a un’interpretazione astratta, che tende verso la soggettività del fruitore. Dunque la necessità di rappresentare un soggetto in un determinato momento, con le sue peculiarità uniche e irripetibili, è la realizzazione artistica di quella corrente di pensiero contemporanea che sottolinea come “il presente sia la stagione del frammento e della molteplicità dei punti di vista, della differenza, come principio fondamentale che guida l'agire nell'epoca della complessità e della tolleranza come categoria guida del vivere sociale”. Nelle opere di Susi i soggetti ritratti attuano il principio postmoderno dell’individuazione dell’esperienza. Ogni elemento risente, nel presente, di una reinterpretazione individuale, pur restando ancorato alla sua essenza assoluta. È una dicotomia che si sviluppa a partire dalla connubio di soggetti differenti, che coesistono e si modificano vicendevolmente. Così gli specchi d’acqua mutano, colpiti da schegge di luce, o di buio, divenendo altro da sé. Forse dunque quella necessità dell’artista di cogliere la percezione di assoluto che si declina nel contingente, è dettata dallo stesso impulso che Lovecraft definisce come “una sorta di visione sublimata che ammanta l’universo di nuovi colori, e che avvolge il palcoscenico della vita di un fascino mistico e di un velo di significato così profondi e potenti che nessuno potrà più osservarlo senza avvertire un desiderio irresistibile di catturarne e conservarne l’essenza – per preservarlo in futuro, e condividerlo con coloro che saranno capaci di ammirarlo adottando un punto di vista analogo.”

S. Benedetti, critico di TIVARNELLA ART, Trieste
2020, presentazione delle mostre "Eptameron" e "H2O - due rifrazioni e un atomo di ossigeno"

Nelle sue impressioni dell’acqua, luci, ombre e colori mutano il soggetto stesso, nonché la rappresentazione del reale, e in questo modo l’immagine artistica espande verso connotati che potrebbero essere definiti astratti. Le opere fotografiche di Danilo Susi mirano a catturare l’essenza dei suoi soggetti in un particolare istante, riuscendo a cogliere quei momenti in cui la realtà osservata attinge al circostante, modificandola, e creando di fatto un soggetto differente da ciò che sarebbe per sua natura. Le impressioni dell’acqua di Danilo Susi colgono le sfumature di luci e ombre che si rifraggono su di essa, i colori mutano il soggetto tendendo verso una rappresentazione astratta. Osservando queste immagini la percezione del mare, ad esempio, viene soppiantata da una rappresentazione che ne ritrae la mutazione, la variazione. Così nelle opere di Susi è possibile cogliere la sua essenza in un frammento di tempo, irripetibile e unico.

Andrea Rossetti, critico della Galleria Satura
2020, Profili d'Artista - Dizionario degli Artisti Contemporanei

Scelta indiscutibile per Danilo Susi è praticare la fotografia evitando il ricorso alla post-produzione. Di fare quindi dell’istantanea, ancora oggi nel passaggio dall’analogico al digitale, qualcosa d’immediato, di effettivamente - e non solo nominalmente – subitaneo. D’istantaneo, come genealogia semantica chiede, contenendo in questa aggettivazione una predilezione per la verità delle cose, per un realismo che acquisisce la sua sottile magia divenendo un astratto alter ego di sé stesso. Realismo astratto, così si definisce il gruppo di artisti capitanato dal critico Valerio Dehò; più esplicitamente lo si può chiamare “realismo informale”, e per quanto possa sembrare fuori di senso, tale abbinamento di parole è ciò che determina quel particolare crinale pittorico su cui si muove la fotografia per Susi. E che ritorna, come condizione immancabile, in tutte le serie d’immagini proposte dal nostro. Ma la fotografia può veramente restituire la realtà, ad esempio, sotto le mentite spoglie dell’anamorfosi? Oppure dedicandosi direttamente a qualcosa di “informale per natura” come l’acqua? E in ultimo, può quindi la fotografia stessa essere tanto espressionista, dinamica e spiccatamente pittorica, quanto realista, oggettiva e cosciente del proprio ruolo e delle proprie possibilità? Stando al fotografo è un assoluto “si”. A sciogliere ogni dubbio è un metodo narrativo autoctono, sviluppato da Susi per chiamare a raccolta ogni essere umano e metterlo faccia a faccia con una “estetica della modernità” apparentemente sconosciuta, ma che gli appartiene praticamente di default. Uno scenario “realisticamente immaginario”, attraverso cui Susi maschera l’attualità per smascherarne fattezze dimensionali nascoste, visibilmente imprevedibili, eppure presenti a priori all’interno di essa. Susi utilizza la fotografia come strumento di scoperta. Costituisce così un intercalare narrativo tutto suo, che all’inflazionato vernacolo fotografico risponde con una più costruttiva variazione polisemica sul concetto stesso di fotografia. E per uno come Susi, cresciuto con tutta l’evidenza del caso a pane e scatti di Franco Fontana, non poteva che essere questa l’unica via evolutiva/riformatrice del concetto archetipico di istantanea.

Giorgio Falossi, critico della Casa Editrice Il Quadrato, Milano
2020, Raffaello Sansio, genio del Rinascimento italiano

Ed ecco le foto di Danilo Susi. Sono forme che emanano un fascino di dialogo tra la bellezza nascosta della natura e la coscienza dell’uomo che invita all’esplorazione di qualcosa di profondo, una manifestazione di pensiero al cospetto delle cose semplici e che nel contempo vive, rivelando la forza lirica e la singolare predisposizione dell’autore all’incanto e al coinvolgimento emotivo. Una esplorazione che per Danilo Susi procede in maniera accuratamente preparata, compenetrando aspetti che vanno dalla cultura alla poesia, dalla scoperta all’ecologia. Perchè il colore lo mette la natura stessa. E’ un verde, in generale ampio e diffuso, su cui si affiancano dei rossi sanguigni come ferite, e violetti sfumati sui petali e i gialli già segno di ammucchiata decadenza. E poi c’è la luce scelta e messa dall’autore. Sottilissime e studiate variazioni tonali, calibrature atmosferiche, accorgimenti e sensazioni. Scelte che sono inno alla vita, coniugata alla visione di immagini quali propaggini emotive, forti di un sentimento autentico del bello come purezza, che l’autore sente proprio coniugandolo ad una aspettativa, ad un gesto , ad un virtuoso sospiro, quasi fosse un abbraccio amoroso. Ogni immagine un essenza di tempi e di luoghi, colta e offerta per generare emozione, nessun realismo ma un esercizio spirituale. Ed insieme alla luce è ricercata anche l’ombra. Ombre, improvvise e nascoste come forzieri in cui luccicano pietre preziose. Un’ombra figlia della luce, inesorabile realtà. Improvviso disvelamento. Visioni come ricordi. Ne fa parte il nero spesso usato come fondale, una oscurità da cui si produce l’avvento, la fermentazione del seme, foglia, fiore, stelo, pianta, in rottura o sovrastante i pochi altri colori, costretti a frantumarsi o a scheggiarsi in previsione di una prossima fine. “L’unica cosa che voglio è fissare una frazione di secondo di realtà” diceva Henry Cartier Bresson, e Danilo Susi come erede del grande fotografo francese rispecchia questo modo di operare e fissare la realtà: l’attimo essenziale, quell’attimo che corrisponde alla creazione, o alla morte, quell’attimo che fa parte del medio cammino del vivere, insieme a quel soffio che mette energia e movimento, quell’attimo colto e fermato come percezione di una forza naturale. Immagini fervide di aspettative che il pensiero filtra ed il gusto arricchisce attraverso scelte precise e ricercate insieme all’accendersi di qualche turgore e sfumatura cromatica. Uno scattare immagini nate dall’esigenza di ritrovarsi nel silenzio, nel contatto intimo della natura, nella riflessione idonea a maturare la ricerca introspettiva. Nell’esigenza di fissare per sempre l’attimo, quello della bellezza, quello della vita naturale a cui l’uomo è indissolubilmente legato anche se non sempre capito. L’arte di Danilo Susi con i suoi scatti è qui a ricordarcelo.

Giorgio Falossi, critico della Casa Editrice Il Quadrato, Milano
2019, Leonardo 500 anni di arte

In questa sua opera fotografica, che fa parte del progetto “SCANNO-IL CUORE DEL LAGO” entrata nella collezione FMF ed è marchio depositato 2018, Danilo Susi coglie la purezza di quella poesia che sgorga dalle fonti, invade le vallate per trasformarsi in lago, capace di specchiarsi nel cielo o di chiudersi in attesa, avere le sponde cariche di margherite o confrontarsi con le piogge.
La luce gioca con il giorno, non si disperde ma permane per tutta l’estate cambiando colori: giallo quando pesca il fondo, rosa se il vento soffia il sole sulle onde, verde quando si addossa agli argini dove vive vegetazione di ogni tipo. Ogni ora una luce, ogni giorno un colore e la mutevolezza dei toni al variare delle atmosfere. Cogliere queste sensazioni e fotografare una diversa vita fatta insieme ad un amico liquido, un gigante da guardare respirare, con i suoi gridi e le sue richieste, le sue armoniose quiete settembrine. Danilo Susi coglie ed ama tutto questo, ama queste pulsazioni arcane e diverse, vibranti nel diverso, ama questi spazi che sconfinano verso le vaste regioni della visione. Non è solo fotografare ma è cogliere l’anima di un gigante lago e la sua essenza mutevole. Poi scende la sera e l’inverno. Improvvisa la luce sparisce, il nero si fa più profondo, senza un lamento l’acqua scura rispecchia il cielo nero.
Danilo Susi ci trasmette questa poesia della tensione, questa verità della Natura nel linguaggio artistico della fotografia.

Nicolas Amelie e Arpinè Sevagian, ricercatrici e critiche, Roma
Numero 0/2019

La poetica di Danilo Susi nelle “Maschere Volanti” non è basata esclusivamente sulla fotografia, mette in gioco anche il coinvolgimento emotivo dello spettatore con effetti di sorpresa, poiché gli elementi e le loro rispettive ombre cambiano ad una minima sollecitazione, che può essere un semplice soffio. L’installazione è dinamica e interattiva. Sperimenta la costruzione di ambienti spettacolari, grazie all’induzione nel fruitore di sorpresa e meraviglia. Gli elementi mobili dell’installazione non hanno vincoli, partecipano con il proprio movimento, indipendente per direzione e velocità, alla composizione finale che può essere vissuta come una fotografia cinetica sempre mutevole. Hanno anche il compito di creare un ambiente, un riparo per lo spirito, affaticato da tante macchine che riempiono in modo utilissimo la vita moderna; un riparo in cui trovare conforto attraverso la poesia del farsi e del disfarsi delle immagini create attraverso gli elementi in movimento. Le maschere sono ispirate al teatro greco-romano, sono immagini stampate su fogli in PVC trasparente, montate su aste di plexiglass, e sono tenute insieme da filo per la pesca. Questa installazione vuole essere un omaggio al Leonardo Da Vinci, al suo genio creativo proteso verso la costruzione di macchine capaci di far volare l’uomo con la leggerezza di un uccello libero di esprimere il suo essere e divenire.

Redazione dell’Atlante dell’Arte Contemporanea
2019, De Agostini Editore, Novara

Animato da una ricerca dell’astrazione che muove dal dato sensibile, l’artista mostra una attenzione particolare dedicata alla trattazione della luce e della linea, per poi ampliare i suoi interessi fino al colore e ai riflessi acquatici, ripercorrendo tracciati già segnati dall’impressionismo di Monet. Si riferiscono a tale filone una serie di immagini astratte fortemente pittoriche esenti da modifiche di post-produzione, come Grigio/Bigo Genova, Bicolore n.1, Omaggio ai migranti. Ulteriori slanci ispirativi conducono il fotografo a concentrare l’attenzione sulla scelta selettiva dei colori, come si può constatare in Bianco Suminagashi, opera in cui è rappresentata una traccia fluttuante di colore giallo dorato a decorazione del supporto monocromatico, come previsto dalla omonima tecnica giapponese. La flessuosità della linea colorata dona una armonia ed un equilibrio compositivo all’opera che raggiunge esiti fortemente innovativi e avanguardistici. Metamorfosi Nera è una stampa digitale su plexiglass molto vicina agli esiti dell’arte informale; in particolare è possibile trovare una forte analogia stilistica e concettuale con Nero Plastica di Alberto Burri. Il celebre artista, nel 1957, abbandona il colore e il pennello e riproduce una forma più reale della figura utilizzando la plastica. Danilo Susi compie una analoga azione, sostenendo che la verità, intesa quale univoca rappresentazione del dato realistico, risiede nella materia, e non nella forma.

Giorgio Falossi, critico della Casa Editrice Il Quadrato, Milano
2018, l’arte nella moda: una lunga passione

Siamo dovuti giungere all’inizio del secolo XXI per parlare di fotografia come arte senza essere contraddetti. Quando la pittura scoprì l’astratto molti si affrettarono a dichiarare la fine del figurativo. Con il riconosciuto avvento artistico della fotografia si è di nuovo annunciato la fine del figurativo. Se i pittori passati potevano eccellere nel dimostrare la verosimiglianza dei ritratti e l’aspetto della Natura e la loro bravura nel disegno, ora forme astratte e fotografia consentivano di evitare troppe fatiche per giungere subito al massimo della verità visiva e dell’intimità spirituale. Niente di tutto questo è successo.
Nessuna sostituzione od invasione di campo. Il Clik ha lo stesso valore del pennello, e l’inquadratura del soggetto è uguale in pittura come in fotografia. Ogni espressione d’arte ha ragione di essere in quanto vive la sua stagione in un clima ideale che è interno all’artista, vi matura con le sue emozioni, si compendia nella storia di vita familiare, si dirige in una interpretazione personale che si riversa sulle opere.
Danilo Susi è un artista ed usa la macchina fotografica per donarci la bellezza della Natura o gli aspetti reconditi dei nostri elementi naturali. L’acqua, essenza e principio di tutte le cose, sin dal primo pensiero greco Oceano e Titide erano generatori di vita. ACQUASTRATTA, termine “creato” e depositato come marchio da Danilo Susi per riassumere la balenante visione di germinazioni continue che nessuna resa oggettiva del reale può dare, perché il linguaggio fotografico dell’artista crea la sua verità, lontana dalle fissate regole, per sporgersi sugli aspetti di maggiore poesia, di gioia e melanconia, di mistero e di magia. Non c’è più il fotografo. C’è un personaggio che scopre la luce e la sua profondità, non c’è la macchina fotografica, c’è la sensibilità di un artista, c’è la voglia di conoscere e di scoprire, c’è un artista che apre come uno scrigno elemento decisivo per l’umanità.
Queste immagini di Danilo Susi su stoffa paiono ora ondeggiare come le acqua del mare o scorrere come quella del fiume e il caleidoscopio cromatico è l’emozione che realizza la visione di un interno carico di luci ed ombre, di fremiti e sussulti, dove l’occhio non si era mai fermato.
Acquastratta per una moda che non solo avvicina alla Natura ma ne esalta l’energia primaria in un lievitare di forme indossate. Acquastratta sono colori riflessi sull’acqua, intesa come mare, fiume, lago, come poesia penetrante, come vita imprevedibile, come una eco prolungata. Acquastratta come specchio di contemplazione spirituale, dove tutto risplende sempre più nuovo, dove l’occhio libero dell’artista fruga per coglierne i sospiri, le ire spumeggianti, il candore fermo dal riflesso attraente. Danilo Susi sa tutto questo ed aspetta l’attimo da porre sulle vesti portate come un profumo colorato attraverso le vie del mondo quali immagini che conservano la fragranza dell’atto creativo, della cattura del momento unico, il cui punto di partenza non ha dimensioni né di tempo né di luogo, ma una unica sensazione di felice scoperta a disposizione per tutti quegli occhi che non hanno visto.
Acquastratta, nasce nel 2008 e la mostra viene esposta a Roma con relativo catalogo d'arte.
La conoscenza successiva di Carlo D'Orta lo porta ad una ulteriore ricerca selettiva dei colori e ai primi riflessi astratti sull'acqua si sono uniti i riflessi astratti su vetri e metalli del fotografo romano e nel 2010 è nato il progetto Astrattismi Paralleli, mostra itinerante con catalogo.
Nel 2011 con il pittore Albano Paolinelli di Pescara ha costituito il gruppo Realismo Astratto, guidato dal critico d’arte Valerio Dehò: una ricerca dell’astrazione partendo dal reale.
Nel 2012 è stato invitato dall'Assessorato alla Moda della Provincia di Milano ad esporre, durante il FuoriSalone del mobile, la nuova serie "mista" di fotografie e foulard in seta, dal titolo: La natura che veste, dal file al foulard.
Il file fotografico è stato stampato da una seteria comasca su tessuto pregiato, tipo crespo seta per gli scialli, modal-bamboo per le sciarpe, cotone-seta per i pareji.
Nel 2015 e 2016 le immagini “si animano” e l’acqua si “materializza”. Nascono le nuove serie: Animalia, Fleur e Segni. Nel 2017 ancora nuove serie: Composizioni e il Corpo Umano e inizia la collaborazione con il laboratorio-atelier di Gianna Tedeschini di Roma e la sartoria Fiorella Ciaboco di Milano.
Danilo Susi è stato invitato all'ICLAB, Intercultural Creativity Laboratory: Arte orafa - Pittura - Scultura - Moda - Enogastronomia - Artigianato a Firenze, giugno 2018.

Leonarda Zappulla, critica d’arte
2018, progetto collezione Cavallini-Sgarbi

Nell'arte talvolta c'è una linea sottile che separa l'astratto dal reale.
La natura a sua volta può proporre immagini degne di essere definite astratte, basti pensare alla sezione di una roccia, o alle luci acidule di un tramonto.
C'è un intercapedine tra arte e natura dove si colloca lo sguardo attento e l'animo sensibile di Danilo Susi, capace di saper catturare la poesia e l'unicità di un momento, di una particolare luce, di un riflesso, rendendolo unico ed eterno, rendendolo Arte.
Evidenti nella volontà di carpire i valori cangianti dell'acqua, gli studi dei lavori en plein air sulle rive della Senna, dei Maestri impressionisti francesi.
Ancora più evidente è la volontà e la capacità di riuscire a rendere astratto un dato puramente reale, conferendo alle immagini prodotte un' aura di magica illusione atemporale, che le estrapola dalla natura da cui hanno origine, per innalzarle ad un livello estremamente individuale ed artistico.

Arpinè Sevagian, scrittrice e critica d’arte
2018, introduzione volume “Verità e menzogna”

La ricerca di Danilo Susi parte dalla natura per andare oltre, alla scoperta della sua realtà più profonda, della sua essenza.
Attraverso i suoi scatti definisce un suo linguaggio personale.
La realtà che ci circonda è solo uno spunto, un punto di partenza dal quale iniziare un percorso d’indagine.
La natura, nella sua infinita varietà di manifestazioni visibili, viene reinterpretata.
L’acqua diviene il medium ideale attraverso il quale dare vita a emozioni e sensazioni personali.
Le visioni e le percezioni prendono corpo per mezzo delle forme e dei colori.
La purezza di questo elemento, l’acqua, parte integrante della natura, diventa opera d’arte astratta, pittorica, nella sua presentazione formale, e si distacca dalla sua dimensione, decontestualizzandosi.
La luce è protagonista delle immagini, ne definisce le variazioni tonali e cromatiche e le avvolge d’intensa espressione emotiva.

Andrea Rossetti, giovane critico della Galleria Satura
2018, “La realtà è nell'astrazione”

Ferrea scelta per Danilo Susi è praticare la fotografia evitando il ricorso alla post-produzione, di fare dell'istantanea ancora oggi, nel passaggio dall'analogico al digitale, qualcosa d'immediato, di effettivamente - e non solo nominalmente - subitaneo.
D'istantaneo, come genealogia semantica chiede, contenendo in questa aggettivazione una predilezione per la verità delle cose, per un realismo che acquisisce la sua sottile magia divenendo un astratto alter ego di sé stesso.
Realismo astratto, così si definisce il gruppo di artisti capitanato dal critico Valerio Dehò; più esplicitamente lo si può chiamare “realismo informale”, e per quanto fuori di senso tale abbinamento di parole possa sembrare è questo ciò che determina quel particolare crinale pittorico su cui si muove la fotografia per Susi, e che ritorna come condizione immancabile ad esempio tutte le volte che il nostro si trova circoscrivere col proprio obbiettivo uno specchio d'acqua.
Ma la fotografia può veramente restituire la realtà attraverso qualcosa di “informale per natura” come l'acqua?
Può quindi essere toccasana nel sancire il valore di quest'ultima quale catalizzatore visivo ed espressivo? Ed in ultima analisi, dando per affermative entrambe le risposte, si può portare la fotografia ad essere tanto espressionista, dinamica e potente all'occhio, spiccatamente e intellegibilmente pittorica, quanto realista, oggettiva e cosciente del proprio ruolo e delle proprie possibilità?
Ovvio che si, e qui a sciogliere ogni dubbio è direttamente il fotografo col proprio lavoro, mettendo ogni uomo contemporaneo di fronte al racconto della modernità e dei suoi passi falsi senza giri di parole, inserendo l'attualità - dall'inquinamento marino ai migranti - in un intercalare che al crogiolarsi in un assodato vernacolo fotografico preferisce una più costruttiva variazione polisemica sul concetto stesso di fotografia.
E per uno come Susi, cresciuto con tutta l'evidenza del caso a pane e scatti di Franco Fontana, non poteva che essere questa l'unica via evolutiva e riformatrice del concetto archetipico di istantanea.

Claudio Marcozzi, fotografo
2017, progetto “l’acqua del lago e la sua metamorfosi”

CON I RIFLESSI PRONTI. Aspetti terapeutici nella fotografia di Danilo Susi
La pratica della fotografia fa bene a chi inquadra la realtà nel mirino, a chi usa questo mezzo per registrare e diffondere la propria creatività, ma anche a chi, osservando un’immagine stampata o illuminata su un monitor, ha la possibilità di assorbirne stimoli e significati.
La fotografia che nasce da una necessità espressiva è sempre motivata da esigenze interiori che cercano lo sbocco attraverso la poesia o l’uso dell’ingegno per produrre “opere” che diano voce alla sensibilità dell’autore e provochino reazioni altrettanto profonde da parte del pubblico.
La fotografia vera, quella più nobile, non è l’arte di chi sa come funziona una certa macchina, ma il veicolo su cui far viaggiare le nostre idee, un mezzo per esprimerci o per raccontare storie, con la nostra personalità. Un esercizio intellettuale dunque, rivolto allo studio dei nostri soggetti e alla maniera migliore di rappresentarli con una immagine. Tutto questo avviene attraverso una ginnastica mentale che è ottimo training dello spirito e si traduce in preziosa medicina per il corpo. Una medicina che noi stessi dobbiamo essere in grado di produrre, per noi e per gli altri.
La fotografia di Danilo Susi può rientrare a pieno titolo in questo tipo di terapia.
È fondamentale innanzitutto per l’autore, quando si concentra davanti ad una situazione cercando l’inclinazione giusta, le tonalità, il momento, il flusso delle linee, facendo anche ricorso alle teorie della psicologia della percezione visiva per mettere a frutto il potere calamitante dei colori e delle forme. Ma altri fattori contribuiscono a monte dell’atto della ripresa: il camminare per raggiungere il luogo, uno spostamento motivato dalla ricerca, quindi da una necessità intellettuale, e poi la solitudine. Saper usare la solitudine in modo positivo è un passo importante per valorizzare idee che non sortirebbero altrimenti e per raggiungere risultati imprevedibili.
Davanti alle sue fotografie lo spettatore è costretto a vedere, e non solo a guardare, che è puramente un atto tecnico, fisico-ottico. Il vedere comporta il coinvolgimento del cervello, le cui ramificazioni si sovrappongono alle strutture dei riflessi generando riconoscimento ed emozione.
Lo sguardo vacilla, si impenna, sprofonda, cerca di aggrapparsi a qualcosa di riconoscibile e facendo ciò ogni osservatore diventa grato all’autore per avergli concesso la libertà di interpretare, di impadronirsi di qualcosa, di avvistare uno scoglio di salvezza. Ogni immagine diventa così una pillola di salute, per gli occhi e per il cuore.

Giuliana Traverso, Maestra di fotografia
2017, mostra al Mu.MA di Genova

Lo sguardo che incanta
Conosco da molti anni Danilo Susi e ho seguito fin dagli esordi, con interesse, il suo percorso autoriale, quando dopo una militanza in quella che mi piace definire buona fotografia classica si stava spostando verso una ricerca estetica e concettuale.
Un percorso interiore, oltre che visivo, che lo ha portato a varcare i confini della rappresentazione per cercare nei segni della realtà un racconto di sensazioni e moti interiori che fossero espressione del suo sentire.
Sono nate così queste immagini che, come suggerisce il termine , sono frutto , imago della sua meditazione. Un’interpretazione scenica che ci attrae per la bellezza compositiva e il cromatismo, tra fantasia e leggerezza, verso un mondo onirico e le sue suggestioni.
Un insieme di segni grafici, scritture fluttuanti che mescolandosi, in virtù della scelta poetica, liberando l’interpretazione, consentono di leggere messaggi tra l’immaginato e il percepito, come scritti su un’ideale lavagna mobile e di farlo appena in tempo, prima che il testo sparisca, soppiantato da uno prossimo e nuovo, che rimescolando la tavolozza, crea diverse espressioni. Quadri visivi che si compongono e scompongono e nella varietà di forme e cromie seguono un percorso di trasformazione creativa personale. Catturare ciò che è nascosto per svelarne la presenta. Fermare l’attimo su un’apparizione che ha come cifra rappresentativa l’impersistenza.
Giochi di luci e bagliori che ci mostrano un’ irrealtà in continuo divenire. Ad ogni progetto c’è un rifarsi, un agganciarsi a quel che era già stato per riprendere idealmente un filo narrativo che ha come partenza il vedere al di là e fuori del narrato, in un elemento che per natura è fonte primaria di vita. Origine e luogo di trasformazioni: l’acqua. Tra i titoli più noti ricordo “La natura che veste”, “Astrattismi paralleli”, “Realismo astratto”e da ultimo “Acquastratta”.
E come novelli Narciso siamo spinti a specchiarci e meravigliosamente troviamo, invece del nostro volto, sollecitazioni e stimoli. Colori cangianti, dalle calde tonalità al freddo quasi gelido, e movimento, un continuo moto che come il dondolio dell’acqua può cullare ma anche travolgere con la forza di un’onda anomala. Queste raffinate immagini, forzando la nostra immaginazione, ci fanno scoprire le armonie segrete che la natura gelosamente cela e che sono in grado di trovare e leggere solo coloro che sanno esplorare con uno sguardo sempre nuovo e stupito.

Stella Neri, storica e critica d’arte
2017, I giardini dell’arte di Arpinè Sevagian

La poetica di Danilo Susi è un recupero della natura nella sua accezione più profonda. Quello che emerge dagli scatti dell’artista non è il tentativo di fissare ciò che abitualmente si vede quando si osserva, bensì la volontà di rivelare quello che si nasconde dietro la forma apparente. La realtà che ci circonda non è altro che il frutto della nostra percezione. Ogni cosa muta a seconda della variazione del tempo e dello spazio creando un non luogo che esiste nella nostra mente. La profondità d’indagine di Danilo Susi lo porta a scoprire questo, che dietro all’apparenza si nasconde l’inganno e che questo non è altro che dentro di noi.

Silvano Bicocchi, direttore Dipartimento Cultura della FIAF
2017, Agorà di Cult della FIAF

“Acquastratta”, di Danilo Susi, è un’opera animata da un’idea narrativa artistica per aver rappresentato le qualità estetiche del reale.
I riflessi sono da lungo tempo un soggetto fotografico attraente, forse per quell’effetto sorpresa dell’immagine che si svela solo dopo lo scatto.
In questo processo di ricerca estetica il digitale, ovviamente, rende tutto più semplice nel riuscire a vedere subito il risultato dello scatto.
L’immagine astratta può consentire la conoscenza di nuove realtà interiori, quando il fotografo cattura immagini che promuovono dei sentimenti sconosciuti, attraverso il meccanismo della proiezione psichica che si accende senza elementi simbolici ma solo fermando la forma fluttuante di un riflesso.
Grazie a Danilo Susi per aver condiviso su Agorà di Cult parte di una sua recentissima mostra.

Daniele Radini Tedeschi, storico e critico d’arte e curatore della esposizione
2014, Catalogo “Tiltestetica” della Triennale di Arti Visive di Roma

“ Danilo Susi decide di fotografare l’infotografabile, ossia un qualcosa di simile alla scintilla vitale,
al seme primigenio, al lampo antico della creazione. L’intera sostanza della vita sembra racchiusa in questo semplicissimo gesto luministico, in questa inezia sublime, in cotale leggerissima gravezza.
Tutto si conclude nell’attimo, nel clic e nel tilt, ogni forma di vita è riflesso di un movimento iniziale che, seppur inficiando in secoli di tomistica, ancora si ha incertezza circa il suo dinamico – o statico che sia – cominciamento

Valerio Dehò, critico d’arte e curatore
2013, Catalogo “Realismo astratto”

Waterfront
Il lavoro di Danilo Susi si svolge alla ricerca della poesia del mondo. Questa poesia viene principalmente dalla Natura, intesa non soltanto come spettacolo e traslitterazione del sublime, ma come particolare del Tutto. L’artista rivela e si rivela progressivamente attraverso il ruolo della fotografia; la sua capacità non solo di rappresentare l’armonia e la serenità dell’esistente, ma anche di cogliere la Bellezza nel semplice e nell’abituale, lo colloca tra i ricercatori dei costituenti dell’arte. Questi certamente rappresentano al meglio non soltanto la Vita ma anche la capacità della Natura di essere Poesia e di diffondere colori e sentimenti. L’artista è un testimone interessato, anzi si può dire che sia il catalizzatore di un processo, senza di lui non ci sarebbero testimoni di quel determinato accadimento, della normalità che si sublima e diventa altro.
Questo tema del particolare che si fa totalità, della sineddoche, ha costituito se non un genere pittorico nella storia dell’arte, sicuramente un aspetto creativo imprescindibile. Danilo Susi con la fotografia lo ha trattato in vari modi e sempre diversi, anche se estremamente coerenti. Dalla pura rappresentazione ha saputo astrarre un processo quintessenziale, che cercava di cogliere le sfumature di colore più intime alla realtà, evitando forzature e stravolgimenti. Non vi sono commistioni, intersecazioni né rumori di fondo: la natura “è”, senza aggettivi o contaminazioni. Ed è viva e scaturisce da una visione partecipata e poetica che coinvolge una precisa visione del Mondo. Si tratta probabilmente di un desiderio di porre in relazione più sensazioni diverse, di dare corpo e materia ad una visione globale dello sguardo, alle sue variazioni, alle possibilità del rapporto tra luce e materia. Vi è una percezione complessa dello spettacolo di ciò che ci circonda a partire dai dettagli, da quello che sfugge e si perde.
Inoltre è sempre l’acqua, il soggetto universale come la musica, quello preferito da Susi, come un terreno di sperimentazione non soltanto compositiva, ma anche visiva. In molte immagini il movimento liquido viene osservato da uno scorcio molto ravvicinato, quasi da un close up, che rivela un mondo inaspettato. Abbiamo spesso una visione standard di ciò che ci circonda, che fa sì che non riconosciamo più gli oggetti: l’abitudine genera indifferenza. Invece, una visione inaspettata come questa può portarci a riflettere su come noi possiamo anche non conoscere così bene perfino dei soggetti comuni come l’acqua, nelle sue infinite forme. Queste si rivelano un microcosmo da esplorare. La sensibilità dell’artista ci conduce ad un viaggio all’interno della forma/colore per scoprire una nuova bellezza che neppure potevamo immaginare esistesse. Possiamo dire che la poesia spesso si nasconde dietro e dentro ciò che conosciamo meglio, ciò che vi è di più normale e scontato.

Raffaella Cordisco, critico d’arte e curatore
2012, Mostra "La natura che veste”

Le opere di Danilo Susi presentate in esclusiva nelle sale di Palazzo Isimbardi, presso la Provincia di Milano, grazie ad una collaborazione con l’Assessorato alla Moda, non possono essere intese separatamente dalla pratica delle arti visive. Il lavoro fotografico dell’artista ha esiti rilevanti, paragonabili a quanto c’è di più elegante nel campo della moda, dimostrando come la fotografia attraversi uno dei suoi momenti più attivi, per cessare di essere considerata un’arte minore. Le immagini esposte hanno un’autentica energia vitale, documentano in quale maniera la fotografia e la moda possano essere intese come sinonimi. Susi aveva circa venti anni quando per la prima volta gli capitò nelle mani una macchina fotografica Yashica. Poco tempo dopo l’artista decide di cambiare per restare fedelmente legato alla Nikon. Durante questa esperienza perfeziona la sua tecnica compiendo una serie di viaggi, in particolare nella città di Parigi. Qui vive la prima edizione de Le mois de la photo à Paris e conosce, attraverso importanti retrospettive di carattere internazionale, gli storici precursori della fotografia. Scopre l’animato clima che si sviluppa tra il 1920 e il 1930, per la città di Parigi un momento vivacissimo nell’ambito culturale e artistico, soprattutto per la numerosa presenza di personalità straniere. Tra di loro, non pochi sono gli emigranti costretti all’esilio, e rifugiati in un luogo che promette maggiore libertà politica e di pensiero. Inoltre, dopo la fine della Prima Guerra mondiale, la capitale francese rappresenta anche un modello di modernità e di speranza economica. Da queste esperienze inizia ad aprirsi quello che sarà il percorso seguito nella lunga carriera di fotografo. Susi afferra l’idea della fotografia come linguaggio artistico autonomo, conferendo ai propri lavori un’equilibrata dose di personalizzazione, a tal punto di riuscire ad imporsi come vera e propria estetica della “fotografia naturalistica”, con elementi derivanti dal creato. Susi coglie la ricchezza simbolica dell’acqua, insieme alla terra, l’aria e il fuoco, elemento classico della filosofia greca, ricco di accezioni astrattamente indagate dalle sue fotografie. L’acqua è intesa nei suoi molteplici significati, come simbolo discordante tra la vita e la morte, poiché con essa tutto nasce, ma in sua mancanza tutto muore; l’acqua può essere amica o nemica; l’acqua come capacità di purificazione e rigenerazione. L’acqua trasporta, rivela ma può anche nascondere. L’acqua dell’affascinante e profondo blu del mare, un orizzonte di libertà che attrae l’uomo verso l’ignoto, risvegliando inconsce percezioni ancestrali. Le fotografie di Danilo Susi riportano alla memoria alcune opere dell’Impressionismo francese, secondo il quale la luce è l’elemento fondamentale della composizione. In particolare, il riferimento è per il quadro La Grenouillère (1869) di Claude Monet, una scena di vita quotidiana parigina durante il caldo estivo, in cui la luce del giorno splende magistralmente sulle acque della Senna. Nelle fotografie di Danilo Susi i principali componenti sono il colore e la luce, che trovano un perfetto equilibrio armonico tra riverbero dei toni e immagini riflesse.

Giovanbattista Benedicenti, critico d'arte e curatore
2011, Catalogo “Colori d’Italia”

Basta poco per far brillare la scintilla di un’idea e trasformare il progetto iniziale in un’opera finita, come questa, dove lo sguardo sensibile del fotografo d’arte Danilo Susi si fonde mirabilmente con la magica atmosfera evocata dalla musica di Andrea Castelfranato, chitarrista e compositore di grande talento. Abruzzesi entrambi, rappresentano nei loro rispettivi settori due punte di eccellenza della nostra arte, che travalicano i confini del territorio regionale, pur rimanendo ad esso profondamente ancorati per affetto filiale. L’amore per la propria terra non impedisce loro di aprirsi al mondo e, attraverso vie proprie, entrambi raggiungono scenari paesaggistici anche molto lontani, entrando in relazione con popoli e culture diverse.
Concepito in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, questo felice connubio tra fotografia e musica acquisisce la forma audiovisiva di un dittico, dedicato nella prima parte al tricolore e nella seconda al gemellaggio tra Termoli e New York, promosso dall’amministrazione comunale della città molisana, dove Susi è attualmente residente.
Accompagnato dalla coinvolgente musica di Castelfranato, in un ritmo ora più incalzante ora più contemplativo, lo sguardo di Susi si sofferma incantato su ogni forma della realtà, piccola o grande che sia, restituendone il segreto magico che la anima: uno stelo vegetale, alcune foglie in controluce, i petali vellutati di un fiore, particolari di figure umane, nature morte e semplici oggetti della vita quotidiana, angoli di strade e di piazze, e poi l’acqua, il tema più ricorrente nell’opera dell’artista: corsi di torrenti in piena, zampilli che sembrano sculture di cristallo, e soprattutto il mare, con la sua superficie specchiante, increspata dalle onde, che riflette i colori luminosi del cielo e delle vele o il luccichio del sole al tramonto con effetti di seta dorata, composizioni quasi astratte, che richiamano alla memoria le tele dell’ultimo Monet o del Kandinskij più ispirato. Dal microcosmo al macrocosmo, dal particolare all’universale, l’occhio del fotografo passa attraverso l’infinita varietà del mondo con la sensibilità di un pittore, cogliendo i multiformi aspetti della fascinazione visiva, come a comporre un moderno cantico delle creature attraverso le immagini.

Silvano Bicocchi, critico fotografico FIAF
2011, Catalogo “Colori d’Italia”

Il nostro Tricolore è una significazione complessa!
Danilo Susi interpreta ognuno dei colori che lo compongono spingendosi così ad attribuire il suo significato al vessillo italiano.
La realtà fluida dei riflessi sono una costante nella ricerca fotografica dell’autore, insieme all’espressione dei molteplici volti della sensualità femminile.
Cercare sul tema del tricolore lo ha condotto a confrontarsi anche con un’articolazione più vasta di soggetti. Ecco quindi il suo misurarsi con l’immagine statica o dinamica della materia colta nella natura, nell’oggetto trovato, nelle spinte della modernità.

Antonio Zimarino, docente e critico d'arte
2011, Catalogo “Colori d’Italia”

La ricerca visuale realizzata da Danilo Susi sui tre colori della bandiera italiana racconta le molte profondità del simbolo nell’oggi e attraverso i particolari della vita quotidiana, i riflessi casuali, le occasioni banali fa tornare a galla e riaffiorare alla coscienza i sensi profondi, le stratificazioni subliminali, gli sguardi, le osservazioni, le suggestioni legate ai colori, costruendo quasi una sorta di storia ideale o di narrazione possibile dei loro nessi simbolici. Che paese, che spirito, che storie narriamo oggi attraverso questi colori simbolici? Cos’è oggi il “rosso”? La passione, l’ardore, l’amore, l’energia … di che cosa, per che cosa? E il bianco? Uno spazio sacro etereo, un nulla, un enigma, una pagina da scrivere, un’assenza? Il verde? Natura, equilibrio, armonia, vita nel profondo, sperata, sognata, negata?
Il taglio contemporaneo dell’immagine, la visione sull’oggi e sul quotidiano, danno subito l’idea che l’ambito entro cui si muove questa ricerca non è quello dei colori di un tempo trascorso e della commemorazione. La fotografia può scavare il senso del presente rivelando la stratificazione simbolica del nostro immaginario, al momento in cui percorrendo i luoghi ordinari del nostro vivere, sentiamo il richiamo profondo e l’attenzione verso qualcosa che non sia il transitorio. Il colore è un segnale, un pretesto perché l’occhio si fermi e individui il primo anello di una narrazione o di una suggestione che prosegue poi nel profondo di ciascun immaginario.
Le foto di alta qualità formale e poetica ci appaiono anche come una sorta di repertorio dentro la modalità stessa dell’immagine: alcune di esse sembrano legate alle logiche di un reportage, altre alla pittura, altre sono riflessioni profonde su momenti di poesia raccolti, ma tutte insieme sono un po’ come dovrebbe essere l’occhio di ciascuno di noi, allenato a intraprendere il viaggio a ritroso, attraverso o in avanti dell’immaginazione creativa. Il colore è il segnale dietro cui l’immaginario completa le sue storie le sue possibilità e le sue eventuali poesie del quotidiano.
Le sue immagini richiedono una risposta personale al senso simbolico di quei colori: diventano un modo per imparare di nuovo ad vedere profondamente qualcosa, un modo per incuriosirci nuovamente di quanto c’è dentro le cose comuni, ma anche di quanto sarebbe utile riprendere certi valori utili a sentirci ancora una identità collettiva, una Cultura, un modo di pensare il mondo e le relazioni.

Loris Schermi, critico d’arte e curatore
2010, Catalogo “Astrattismi Paralleli”

Danilo Susi sceglie la superficie riflettente dell’acqua, elemento primordiale tutt’uno col sacro femminino generatore di vita e allo stesso tempo fluido letale - annegare detiene il primato mortale per la sua derivazione etimologica: ad necare = uccidere.
L’acqua si connota di valenza ultraterrena è l’elemento alchemico dinamico che scorre e può generare trasformazioni. Attraverso essa si giunge alla condizione astratta dove le certezze perdono di senso. Essa si carica dell’energia dell’ambiente circostante dal quale assorbe i colori che si liberano dalla costrizione delle geometrie chiuse dello spazio per espandersi vibranti. Il viaggio all’interno dello specchio di Susi è emozionale, boccioniano. L’acqua come l’aria è informe, ma al contrario, ha un peso che la spinge verso il basso, nel luogo dell’umano e dei sentimenti. Susi preleva porzioni di spazio materiale estrapolandole dal loro contesto. La perdita di punti di riferimento riconoscibili provoca spaesamento e determina il passaggio ad una condizione eterea. Il suo intervento è discreto, non necessita di altro.
Se la mancanza della visione totale impedisce la comprensione profonda della relatività allora è probabile che in questo processo parallelo che lega profondamente Carlo D’Orta e Danilo Susi si ricerchi il senso stesso dell’esistenza, la misteriosa connessione della condizione umana al disegno universale.

Eva Clausen, direttore Galleria Luxardo
2008, Catalogo “Acquastratta”

La fotografia – negli scatti dell’artista sensibile al fenomeno dirompente dell’acqua come Danilo Susi - ci restituisce la materia trasfigurata, liberata. Nelle immagini tutto riverbera e sprigiona vitalità .L’acqua in natura non la si può fermare, l’acqua fluttua e fugge, si innalza e precipita, ma la fotografia quando è “fare anima” riesce a fermare l’acqua come per incanto, i flutti restano sospesi, le onde immobili. L’immagine, lo scatto rende eterno l’attimo fuggente. Fa vedere passato, presente e futuro, la sua profondità e il suo divenire. L’acqua nelle fotografie di Danilo Susi è un ‘acqua – anima che splende come una lama. E’ un’arma che va a fondo. Squarta l’abisso ed esplode in mille bagliori.. Un mare in fiamme a cui fa da controaltare la calma gelida di una superficie, è come un quadro di Fontana con un taglio, netto, incisivo, inevitabile, ma la ferita non c’è, è solo proiettata.

Albano Paolinelli, curatore
2008, Catalogo “Acquastratta”

Nell’opera di Danilo Susi, l’acqua diventa una nave per trasportare pensieri, idee e ricordi. Vengono subito alla mente quadri e sculture dell’ arte astratta, ma in realtà non sono altro che ritagli del vero: il reale visto in un altro modo e i particolari diventano a volte più significativi di una immagine descrittiva, completa. Susi veicola la luce e intuisce all’istante il coincidere dell’ideazione e l’azione. Il confine tra astratto e reale alla fine scompare, si impone decisamente solo la qualità delle cose proposte con una tecnica impeccabile, l’artista non si limita a risolvere la propria provocazione nella semplice evidenza iconografica, ma elabora un sistema espressivo complesso e articolato nei suoi equilibri segnici e cromatici. Susi difatti opera in una maniera che predilige la cancellazione del superfluo, operazione difficilissima e che forse è il risultato e l’obiettivo dell’artista, lo sguardo, quindi, non è documentativo, ma contemplativo, in linea con una poetica zen e minimal dell’astrazione e della trasfigurazione fotografica.

Carla Tommasina, psicanalista
2008, Catalogo “Acquastratta”

...le immagini che Susi propone sono quelle di un’acqua che trasforma l’oggetto ma che insieme è trasformata da esso. E’ l’acqua stessa che, proprio come una madre ideale, assume connotati e identità diversi a seconda dell’oggetto che riflette. Essere madre è questo: contatto profondo che implica una reciprocità di scambio quasi alchimico. E’ chiaro, tuttavia, che parliamo di una madre ideale, chè, se non fosse così, non avremmo bisogno dei poeti a ricordarcelo! La realtà infatti è che questa permeabilità vibrante è rara a realizzarsi, come ben sa Narciso e come il suo mito ci narra dai tempi della più remota classicità. Essere “vibrazione che accoglie e risuona” è impresa ardua e a me pare che Susi stesso venga a ricordarcelo con la serie che Egli intitola "Oil".

Carlo Gallerati, curatore
2008, Catalogo “Acquastratta”

Quello che fa l’artista, con la fotografia o con qualsiasi altro mezzo, è parlare delle stesse cose che si leggono sui giornali e sui libri, che si vedono in televisione, per la strada, a casa nostra. L’artista parla di noi. Solo, lo fa prestando un’attenzione non comune per l’involucro, la confezione, l’aspetto esteriore: ci esagera la realtà, ce la rimanda addosso gonfiata, camuffata, e al tempo stesso ce la rivela in alcuni punti che ci apparivano oscuri. Nella volontà e nell’abilità dell’autore di fare una cosa del genere sta tutta la differenza tra una fotografia che è arte e una che non lo è (le opere che Danilo Susi ci propone con il titolo Acquastratta – sia qui detto pur solo per inciso – costituiscono un esempio più che valido di questa volontà e di questa abilità), e naturalmente a cambiare, di conseguenza, sono non soltanto i modi e i luoghi della presentazione ma anche e soprattutto il pubblico.

Leo Strozzieri, critico d’arte
2008, Catalogo “Acquastratta”

...Sembra che Susi abbia compreso appieno la tesi che in natura sono disseminati in nuce semi di magia o meglio scintille di lirismo che il vero artista riesce a percepire e riproporre nelle proprie opere, usando le tecniche più disparate a sua disposizione. L’autore riesce con il mezzo fotografico a condurre il fruitore in un perimetro "altro", quello della vera poesia dove i colori sono altrettante carezze e sospiri d'amore simili a quelli emessi da giovani innamorati.

Fausto Raschiatore, critico fotografico
2008, Catalogo “Gente di Fotografia”, anno XV, n 47

“Acquastratta” è uno studio iconografico sulla forma, il segno, i cromatismi e sulle loro dinamiche descrittivo-concettuali. Di stimolante respiro culturale evidenzia una connotazione pittorica, collocabile nel segmento astratto-informale della ricerca fotografica. Fotografare l’acqua in un progetto studio, tra riflesssi e riflessioni, per Danilo Susi non significa solo tessere un tracciato iconico in cui si intersecano segni, colori e forme…significa anche indagare la natura , osservarla ed esplorarla nell’intimo, capirne le esigenze, studiarne le peculiarità…

Francesco Marinozzi, mass-mediologo
2008, Catalogo “Quando la mia vita cambierà”

...l’opera fotografica dei due medici termolesi, Danilo Susi e Renato Corradi, può rappresentare un tentativo di immersione nella realtà effettivamente vissuta, di immedesimazione con chi ha sperimentato l’impatto e le conseguenze del sisma, di visione estatica del luogo colpito. Tale finalità empatica è realizzata attraverso espedienti, tesi a far emergere la poetica del luogo, la poetica dei personaggi e delle loro vite. In sostanza, anche in questo caso – ma, del resto, il contrario è inevitabile – il reale viene rimesso in scena. Esso però non è virtualizzato, non è artificialmente narrativizzato, non diventa iperreale, ma viene invece ricostruito nella sua complessità, nella sua quotidianità, in breve viene arricchito di tutti i particolari di cui è fatto. Nell’epoca dei simulacri, nell’epoca in cui il segno visivo rimpiazza il suo referente semantico, diventa sempre più difficile compiere queste operazioni, ovvero restituire l’evento al vissuto.

Carlo Fabrizio Carli, critico d’arte e curatore
2006, Catalogo “Problematica delle immagini”

“…Danilo Susi si esprime, infine, mediante il linguaggio fotografico, che impiega con molta abilità, fissando in frammenti di illusionistico effetto vibrazioni, trasparenze, diffrazioni acquoree e specificatamente marine. Non di rado, tali effetti sembrano mimare singolarmente gli esiti di una pittura astratta di matrice gestaltica. Oppure può accadere che una inquadratura di argilla disseccata mimi un cretto di Burri”.

Achille Pace, artista
2002, Catalogo “Termoli, racconto fotografico”

“Danilo Susi è animato da una passione irrefrenabile: esprimersi attraverso l’obiettivo fotografico; è una passione che mira a fissare una immagine che esprima il senso del “tempo della memoria”; per essere pregnante l’immagine fotografica deve contenere quella sottile ed intensa emozione poetica tale da farla divenire nella nostra memoria come “presente”: una magia che Susi possiede ed esprime. Nelle sue foto si nota la sua ansia creativa: partendo dalla natura approda alle idee….l’artista opera con grande semplicità, da maestro, non deforma le cose, le rappresenta come se fossero naturali, così sembra che la natura si pieghi e si modelli secondo il suo inconscio: una vera terapia dell’intelligenza, in quanto non c’è vera intelligenza senza vera immaginazione”.

Gaetano Vallini, v.direttore de L’Osservatore Romano
2002, Catalogo “Termoli, racconto fotografico”

C'è un modo molto suggestivo ma altrettanto difficile di raccontare una città per immagini: tentare di mostrarne l'essenza, cogliendone cioè quella parte che, pur visibile, sfugge all'occhio anche del più attento osservatore. E persino in questa scelta c'è la possibilità di effettuare un'altra sottile distinzione: provare a fissare nelle immagini il "senso della memoria", unitamente allo spettacolo offerto dalla natura e dall'operosità dell'uomo. È quanto ha fatto Danilo Susi nel libro di fotografie dedicato a Termoli, cittadina della costa molisana, volume pubblicato dalla Federazione italiana associazioni fotografiche (Fiaf) con il contributo dell'Amministrazione comunale. Il risultato è un "racconto fotografico" - come recita il sottotitolo - che restituisce al lettore la visione di una città come espressione di un sentimento più che come luogo geografico e fisico. Una città che resta sospesa tra cielo e mare, dove per cielo s'intende soprattutto uno spiccato sentimento del sacro che ancora resiste, e per mare le tradizioni legate alla pesca, attività che oggi, pur se marginale, continua in parte a caratterizzare la vita di questa comunità. Ciò che stupisce in primo luogo è il fatto che Susi non è un fotografo professionista; è medico gastroenterologo, ma la sua grande passione per la fotografia è evidente nelle 122 immagini raccolte nel volume: c'è padronanza della tecnica, ma c'è soprattutto quella sensibilità nella scelta dei soggetti e delle inquadrature che fa di una foto un'opera d'arte, ovvero un'immagine capace di emozionare. Il fatto che questo volume sia la prima opera dedicata ad una città inserita nella collana di Monografie della Fiaf è anche un riconoscimento del modo originale usato dall'autore per raccontarla. Susi è termolese di adozione - è nato a Pescara, in Abruzzo - eppure nelle sue immagini emerge forte il senso di appartenenza a questa città che lo ha accolto e nella quale vive. "La suggestione dei colori - scrive nella presentazione Giorgio Tani, presidente della Fiaf - a volte diventa suggestione dell'anima, e così la città è sentita come espressione del sentimento con il candore delle luci o il contrasto di notturne ombre che appaiono come riflessi di storia antica nell'attualità dell'odierno. Susi offre alla propria città il suo ritratto fatto di pietre colorate, di muri che si intersecano, di campanili che svettano, di atmosfere che si respirano, di ombre, di persone, di vita. La sua città vive, ma il senso delle sue immagini è nel sospenderla dal tempo che noi viviamo. Volutamente, anche se raccontano gli ultimi venti anni di storia, nelle foto della monografia mancano le immagini della città moderna, con i suoi palazzi, le vie trafficate, i negozi. La si intuisce appena in alcuni fotogrammi, ad esempio nelle immagini di un porto che apparirebbe troppo grande per il piccolo borgo antico - il "paese vecchio", come lo chiamano affettuosamente i termolesi - ritratto spesso nelle foto. Ecco allora alternarsi, in un sapiente gioco di chiaroscursi, affascinanti albe e suggestivi tramonti sullo sfondo dell'inconfondibile profilo del Castello Svevo, della splendida Cattedrale in stile romanico-pugliese, delle casette e dei muraglioni del borgo, della spiaggia, del mare solcato da piccole imbarcazioni di pescatori o sul quale si stagliano i trabucchi, caratteristiche costruzioni in legno - simili a palafitte - utilizzate per la pesca. Le fotografie di Susi, tuttavia, non sono mai scontate, nel senso che non assomigliano mai a cartoline, né indulgono al manierismo, perché hanno sempre una loro originalità, anche quando si tratta di semplici paesaggi. I soggetti, raffigurati spesso nel particolare, si scompongono e si ricompongono in diverse inquadrature. E l'artista, nella sua ricerca, sembra preferire l'intrecciarsi di linee, l'alternarsi di curve e rette racchiuse in uno spazio ben definito, sfruttando i giochi di colore offerti dalla natura. Non mancano immagini di vita quotidiana, fatta di volti, di persone, con l'intento anche qui di restituire attraverso esse storie. Tra queste, le foto dedicate alla sentita festa del Patrono, san Basso, con la tradizionale processione a mare, sembrano trasportare indietro nel tempo (particolare l'immagine che mostra un momento dell'estrazione, davanti alla Cattedrale, del nome del peschereccio che dovrà ospitare a bordo la statua del Santo). Né manca un omaggio al momento sicuramente più alto della storia cittadina: la visita compiuta da Giovanni Paolo II il 19 marzo 1983. L'immagine è forse la più semplice di tutte: è un'istantanea del Santo Padre sulla "papamobile", scattata lungo il passaggio del corteo così come l'avrebbe ripresa un qualsiasi fedele accorso per salutare il Papa e per catturarne una preziosa immagine a ricordo dello storico evento. In generale, le foto di Susi sono quelle di una "Termoli che non vedi", come scrive nell'introduzione il critico e pittore Achille Pace, che aggiunge: "Sono un documento importantissimo per la città, per capire il tempo e lo spazio perduto, per farlo rivivere come una componente esistenziale del "nostro" presente. Naturalmente - aggiunge - per essere pregnante, l'immagine fotografica deve contenere quella sottile e intensa emozione poetica tale da farla divenire nella nostra memoria come "presente". Si tratta di cogliere quell'imponderabile istante in cui la memoria del passato prende corpo e diventa presente. Una magia che Susi possiede ed esprime". Così, tra scorci e particolari in cui si intravedono antichi baluardi di difesa, come pure tra i bagliori di fuochi artificiali che la notte del 15 agosto di ogni anno rinnovano il ricordo doloroso della conquista saracena del castello, con il borgo messo a ferro e a fuoco, s'avanza la consapevolezza che in ultima analisi il messaggio dell'autore - come sottolinea Tani - è davvero semplice: "Termoli vive sulle sue antiche radici. Dobbiamo capirle, amarle, difenderle anche noi che respiriamo altre dimensioni".

Giorgio Giovanetti, giornalista
1997, Catalogo “Superfici”

“gli autori sono uniti dal medesimo spirito sia nella professione che nel tentativo di trovare, l’uno nella fotografia e l’atro nella poesia, uno sfogo alle tensioni ed un modo per dialogare con gli altri; rappresentano l’ennesimo tentativo delle grandi potenzialità della provincia italiana…capaci di creare e di sognare con forza, spessore, determinazione…trovando in se stessi la forza e l’entusiasmo che vanno oltre gli angusti limiti imposti dalla realtà “.

Giorgio Tani, Presidente Nazionale FIAF
1994, Catalogo “Medici Fotografi”

“in ottobre è nata l’AMFI e Danilo Susi, medico e fotoamatore sensibile ai valori umani, ha realizzato un sogno non tanto piccolo. Nella FIAF il bello non lo si ricerca solo nella composizione formale, ma anche e soprattutto negli ideali…così i fotografi non possono che essere vicino ai medici proprio per amore per la vita”.

Ugo Zatterin, giornalista
1989, Catalogo “Immagini di vita”

“cos’altro offre questo libro fotografico se non una “invenzione” artistica e quindi poetica e vitale, che raccoglie “infinite cose”, in un affresco raggiante della realtà, con tutti i suoi aliti, le sue forze, le sue energie, preciso contraltare della morte…la magìa della vita, nei suoi “campi” lunghi e nei suoi “primi piani”, nella luce, nelle ombre, in un cielo, in un volto, in una foglia ….; queste sono fotografie scattate da chi si sforza di leggere il mondo usando l’obiettivo “.